Quando pensi che il lavoro ti faccia star male prova a fare così

Essere contenti e soddisfatti del nostro lavoro è sicuramente un grande stimolo a fare ancora meglio e ad andare nella direzione della nostra realizzazione sia professionale che personale.

Però spesso le cose non vanno assolutamente così, anzi: spesso, quando si avvicina la fine delle vacanze o la fine del weekend, ci facciamo prendere dall’ansia di ritornare al lavoro, da pensieri negativi ed ecco che di nuovo si affaccia lo spettro dell’insoddisfazione lavorativa che, secondo alcune ricerche tocca quasi ben 9 persone su 10.

Questo aspetto del lavoro e questa ansia che prende i lavoratori di qualunque età e in qualunque settore sono spesso conosciuti come “sindrome da burnout” o, per dirla in italiano “stress da lavoro correlato”. Essendo un fenomeno così tanto diffuso non stupisce che addirittura l’organizzazione mondiale della sanità abbia creato una sezione apposta per definire questa patologia.

Lato ancora più delicato della situazione è che queste nuvole nere non sono presenti solamente quando si parla di lavoro, ma spesso ci seguono anche a casa e quando interagiamo con il mondo esterno al di là della nostra professione, il che significa che il lavoro ci fa stare male non solo 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana, bensì 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana.

Soffriamo quando la nostra professione non c’entra con noi

Molte volte questa sofferenza è causata da una profonda disparità e distanza tra la professione svolta e le naturali attitudini, talenti e passioni del lavoratore. Quando mansione e lavoratore che la deve svolgere non sono allineati, e spesso appunto è così, allora inizia la sofferenza perché c’è un profondo scollamento tra i due elementi. Magari, ad esempio, ci piacerebbe svolgere un lavoro che ci porti in giro per il mondo, ma dobbiamo stare chiusi in ufficio tutto il giorno.

Un’occasione travestita da malanno

Eppure, quando nella nostra vita si affacciano questi sentimenti e questo malessere (fisico o psicologico), allora non è detto che tutto il male venga per nuocere. A volte questi stati negativi possono essere la spia giusta di cui abbiamo bisogno per renderci conto che stiamo impiegando le nostre risorse e le nostre energie in una direzione che non è la nostra.

Possiamo quindi chiederci che cosa vogliamo davvero e ascoltare questi sintomi cercando di utilizzarli come fossero bussole.

A volte dobbiamo cambiare, ma a volte no

Cambiare lavoro è sicuramente un passo importante e molto impegnativo che bisogna soppesare con la giusta dose di precauzione. Arriva però un punto in cui dobbiamo smetterla di soppesare i pro e i contro della situazione e dobbiamo “solo” buttarci.

In questo caso “buttarci” significa decidere di cambiare lavoro o magari decidere di cambiare completamente carriera. Certo chi ha tra i 20 e i 30 anni lo può fare in maniera più leggera e senza grossi scossoni, chi, invece, magari è più in là con l’età, potrebbe avere qualche remora in più, ma ciò non toglie che sia un passo da fare ugualmente.

Essere chiari

Dirsi che il lavoro ci fa star male all’inizio va bene, ma poi deve arrivare un momento in cui andiamo oltre questo e cerchiamo di identificare meglio e con più chiarezza che cosa nello specifico ci fa star male: potrebbe essere il tipo di lavoro, potrebbe essere la carriera in sé, potrebbe essere il rapporto con i capi o con i colleghi. Quale che sia il caso per risolvere il problema e per evitare di ritrovarci nella stessa situazione tra un po’ di tempo, dobbiamo essere chiari, sinceri e sicuri rispetto a che cosa nello specifico ci crea disagio.

Essere sinceri con se stessi

A volte, più che altro per comodità, cerchiamo di rimandare il più possibile la decisione di cambiare lavoro perché, come dicevamo prima, cambiare lavoro è una decisione che comporta molti cambiamenti. Allora, quasi come un meccanismo di difesa, ci diciamo che le cose non sono poi così male e che potrebbe andare peggio.

Si certo, potrebbe andare peggio, ma sappiamo benissimo che potrebbe anche andare molto meglio e, tutto sommato, continuare a vivere male nel corso degli anni per la paura di quello che potrebbe essere è, a lungo andare, un’arma a doppio taglio.

Quindi rendersi conto che il lavoro ci fa star male è sicuramente un buon punto di inizio, ma il nostro viaggio non deve finire qui. E’ bene quindi cercare di capire che cosa ci fa star male e, da questa nuova consapevolezza, prendere le contromisure necessarie. A volte, magari è solo il rapporto con alcune persone con cui lavoriamo e, in questo caso, basta solo affrontare con serenità e in modo costruttivo la situazione.

A volte invece, è necessario un cambio più radicale, ma quale che sia il caso, spetta a noi e al nostro coraggio decidere di prendere la strada migliore per noi.

Realizzarsi sul lavoro ed essere più contenti di ciò che facciamo tutti i giorni non è un capriccio per pochi ma è un dovere morale che ciascuno di noi ha nei propri confronti.

Certo, non possiamo sperare di esaurire tutto il discorso qui, ed è proprio per questo che La Voce del Daimon cerca di affrontare il discorso della realizzazione di se stessi attraverso il lavoro da molti punti di vista diversi. Ti consiglio di darci una letta!